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Stanze sul mare.

Un blog di psicoanalisi e arte

Bacon pittore dell'angoscia

Robert Rauschenberg

Lo scopo del seguente scritto non è quello di fare una psicoanalisi dell’arte o dell’artista. Con Lacan “la psicoanalisi si applica, in senso proprio, solo come trattamento, e dunque ad un soggetto che parla e intende” ed è riduttivo e fuorviante applicarla alla funzione creativa in quanto l’unico vantaggio che uno psicoanalista abbia il diritto di prendere dalla propria posizione, quand’anche dunque gli fosse riconosciuta come tale, sia di ricordarsi con Freud che nella sua materia l’artista lo precede sempre, e che non deve quindi fare lo psicologo laddove l’artista gli apre la strada.

Francis Bacon è un pittore di corpi, di corpi a pezzi, di pezzi di corpi. Il corpo, come spazio anatomico ha fortemente influenzato il pittore, che ha consultato a lungo sia il libro di Edward Muybridge sui movimenti fotografici del corpo umano, sia un manuale dal titolo Positioning in Radiography, consistente in una serie di foto che il corpo assume per le radiografie, nonché dalle radiografie stesse, sia delle immagini mediche di stadi estremi di particolari malattie della bocca. Sulla tela è sempre raffigurato il Korper – corpo del Reale – mutilato, parzializzato e ridotto a carne, non il Leib, corpo trattato dal significante.

L’obiettivo è qui quello di prendere in considerazione la particolare trattazione del corpo e della pulsione orale in Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion, dove l’angoscia invade lo sguardo di chi osserva le tele baconiane, sguardo che in questi volti privi di occhi è cieco, mutilato, eliso. L’angoscia abita chi osserva il dipinto in quanto le Erinni raffigurate nel trittico sono la rappresentazione triplice della mantide religiosa del Seminario X di Lacan, divinità divoranti e cieche dove lo Sguardo è eliso e la bocca è spalancata. La pulsione orale, secondo Freud la pulsione più antica, è qui ridotta alla pulsione di morte, la prossimità tra le due è portata al suo zenith, ad un punto di vertiginosa coincidenza.

Sotto un crocifisso inesistente, cancellato e annullato, Bacon pone furie cieche formate da stomachi e bocche, mostri nati dal sangue della morte; divinità implacabili e acefale. Per Bacon non esiste redenzione, non esiste nulla; l’Altro non concede attenuanti. Sulla tela opacamente arancione emergono bocche spalancate – di nuovo il tema della bocca, elemento emergente nelle teste – e non nei volti – baconiane. Questo conferma l’interesse di Bacon per la bocca come “principale apparato espressivo”.

Cosa rappresenta la bocca, l’ossessione per la bocca e come si struttura la pulsione orale in Bacon? La bocca acquista allora quella potenza di illocalizzazione che fa della carne tutta una testa priva di volto. Essa non è più un organo particolare, ma il foro attraverso il quale il corpo intero fugge e dal quale la carne scende.

La bocca è qui ridotta a un reale foro; la pulsione orale è rappresentata nella sua declinazione più rudimentale, ovvero non è organizzata dalla castrazione simbolica ma si presentifica nell’orrore della divorazione, come nulla e vuoto senza bordi. La vita e la morte sono rappresentate nella loro forma più deteriore e insensata: il delitto, la morte accidentale, la macelleria.

La domanda che sorge spontanea è cosa rimanga in vita e come possa esistere uno scarto, una qualche forma di resistenza. Ciò che ordina il dipinto è il grande ordine estetico. L’ordine e la disposizione – elementi ritrovabili nella simmetria dei trittici e di molti dei suoi dipinti – sono ciò che salva; l’ordine estetico diviene l’elemento riparatore. Il pittore dirà infatti: «La grande arte è profondamente ordinata, nasce dal desiderio di riordinare la realtà, incorporando elementi di disordine quali l’istinto e la casualità».

L’arte può bordare l’insensato, può mettere un limite al fuori discorso, può circoscrivere qualcosa attorno al reale.

Qualcosa di affine abita la cura analitica. Costruire trame, aiutare il soggetto nella creazione di rammendi, fare ordine nel caos è il terreno su cui si muove la psicoanalisi nella contemporaneità. Dare forma all’informe, creare un bordo al vuoto è il lavoro funambolico dell’analisi.

La grande arte è profondamente ordinata – afferma senza indugi Francis Bacon. Seguendo questa affermazione, come analisti non possiamo dire meglio dove l’artista ci indica la strada, non possiamo non leggere questa torsione. Come ascoltatori di vite abbiamo a che fare con il trattamento del Reale, di quel resto che resiste. Vegliamo che il fuoco possa rimanere acceso, che possa illuminare il cielo nella notte.

Con Lacan di Lituraterra osserviamo i solchi, i tortuosi percorsi che l’acqua, come pioggia dei significanti dell’Altro, ha inciso nella terra, carne del soggetto. La posta in gioco – nei dipinti di Bacon come nell’analisi ipermoderna – è il trattamento delle tracce del Reale del trauma, dell’al di là del principio di piacere.

La risposta è da creare, la posta in gioco è resistere e pensare che il fuoco possa rimanere acceso, nonostante la pioggia, e che dal cielo non piovano bombe. Le bombe illuminavano il cielo ai tempi di Bacon come ai tempi nostri.

In Piove Montale scrive

Piove ma dove appari

Non è acqua né atmosfera,

piove perché non sei

è solo la mancanza

e può affogare.

Il Poeta ci indica la strada: piove perché se non ci sei,

sento solo la Tua mancanza nella quale affogare.

L’analista, dunque, cosa testimonia e cosa è un’analisi nella contemporaneità, in un tempo in cui la pulsione di morte è così attuale? L’analisi può ancora dire se permette al soggetto di pensare ad un altrove, se il suo sguardo può compiere uno scarto e permettere una lettura diversa della traccia. L’analisi può essere un’occasione di scorgere la luce al di là del buio, di intraprendere nuovi percorsi.

Lacan dice il vero: l’arte indica la strada.

In che modo questo può avvenire?

Le stelle, anche se morte, illuminano il cielo ancora, scrive Massimo Recalcati nel suo ultimo testo.

 

Bibliografia

Montale, E., Satura, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1970
Lacan, J., “Giovinezza di Gide o la lettera e il desiderio”, in Scritti, Einaudi, Torino, 1974
Lacan, J., “Omaggio a Marguerite Duras. Del rapimento di Lol V. Stein”, La Psicoanalisi, n. 8, Astrolabio, Roma, 1987
Recalcati, M., La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia, Feltrinelli, Milano, 2022
Riboldi, M., “L’ideale estetico di Bacon: la brutalità del fatto”, in Il rifiuto dell’Altro nell’anoressia, Bonifati, L. e Galimberti, F. (a cura di), Franco Angeli, Milano, 2002