Gli inciampi del legame amoroso
Riflessioni psicoanalitiche a partire da quattro opere cinematografiche*
Il ritornello di una recente canzone di un noto cantautore calabrese fà:
“E l’amore, l’amore, l’amore, l’amore
L’amore, l’amore, l’amore
E sempre d’amore si tratta
Ma poi l’amore non c’è, eh-eh-eh”
L'ultima frase della canzone dice che l'amore poi non c'è; Jacques Lacan ripete frequentemente che non c'è rapporto sessuale, ma quindi, quando parliamo di amore, cosa c'è? Cosa rimane? C'è un punto fisso?
I film Storia di un matrimonio (di Noah Baumbach, 2019), Annette (di Leos Carax, 2021) e Malcom e Marie (di Sam Levinson, 2021) si caratterizzano per delle discussioni, spesso accese, tra i protagonisti (un uomo e una donna): le loro relazioni amorose si infiammano e alimentano degli scontri verbali. Il film In the mood for love (di Wong Kar-Wai, 2000), invece, si caratterizza per una presenza minimale di parole: sguardi, volti e gesti sono i protagonisti di una storia d'amore che rimane monca (finisce laddove solitamente dovrebbe iniziare).
Discussioni accese da una parte, al limite del sopportabile, silenzio estenuante dall'altra sono i tratti che emergono dalle quattro opere scelte per questo cineforum.
Scontri verbali e silenzi potremmo intenderli come un modo di articolare il non rapporto su cui insiste frequentemente Lacan. Estremizzando potremmo pensare che smetterla di litigare, farla finita con i battibecchi: dire qualcosa in situazioni in cui sembra impossibile autorizzarsi a parlare è un effetto dell'essere scesi a patti con il fatto che non esiste rapporto sessuale, che non c'è incastro possibile tra due persone. Amarsi dunque non vuol dire incastrarsi, non significa armonia e silenzio ma irregolarità e spigolosità, imprevisto.
Una considerazione: ci potrebbe essere un qualche collegamento tra l'innamoramento, il donarsi all'amore e il concetto di atto sviluppato da Lacan durante il suo insegnamento teorico-clinico (lo psicoanalista francese dedica un intero seminario al concetto di atto). Quando ci si innamora, quando ci si fidanza, quando ci si rende conto che si è interessati ad una persona, tutto questo, avviene in un secondo tempo rispetto all'incontro che ci ha intrigato. Non siamo ben consapevoli di quando succede di interessarci seriamente ad una persona, ci rendiamo solo conto, ad un certo punto, che qualcuno/a ci piace, che ne siamo innamorati, ma è come se subissimo tutto ciò, non ne possiamo pressochè nulla.
L'innamoramento non lo si padroneggia, accade, fuori dalla nostra consapevolezza, attraverso di noi, proprio come un atto. Sarà poi compito nostro provare a costruirne qualcosa, dirne qualcosa, di qui il corteggiamento, l'allontanamento, l'unione, il panico...
Gli effetti di un innamoramento, dell'essere investiti da un sentimento così forte possono essere svariati e si intrecciano ai sintomi e ai fantasmi di ognuno.
Cosa innesca la possibilità di un legame amoroso? L'incontro.
L'incontro, oggi più che mai, sembra essere un sintomo che si manifesta in forme molto eterogenee tra loro ma che condividono il punto di impossibile: l'incontro è sempre incontro tra due alterità, dunque ogni incontro è incontro con la castrazione, propria e altrui.
Nella contemporaneità la castrazione, la possibilità di un limite, di un buco, sembra essere il grande rimosso, o meglio, ciò che si vorrebbe forcludere e che il “discorso digitale” in qualche modo promuove come possibilità e come promessa da mantenere.
Il paradosso che si configura è il seguente: l'essere umano non può fare a meno di stringere legami, quello più particolare, maggiormente attenzionato è il legame amoroso.
Da un lato allora c'è una sorta di spinta a fare legame, al tempo stesso però non c'è rapporto sessuale, il rapporto è destinato ad un impossibile, incontrare una persona, starci assieme ma mantenere sempre e per sempre una distanza, uno iato, proprio come la barra tra significante e significato.
La difficoltà di ciò è qualcosa che si percepisce nei legami amorosi e infatti, l'emersione di litigi, sintomi e conflittualità sono l'effetto di questo impossibile, una sorta di urlo contro la minima distanza che sempre ci sarà tra amante e amato, l'impossibilità a fare uno.
Il personaggio della celebre opera di Munch urla forse a causa di questo impossibile?
Urla per la condizione del soggetto diviso?
Qui si apre la partita dell'amore, qui si apre la partita delle relazioni in generale.
Non è possibile fare uno ma si è chiamati a farsene qualcosa di questo impossibile, questo iato, si è chiamati a costruire qualcosa attorno a questo punto.
L'atto investe il soggetto e lo confronta con la sua responsabilità; l'amore segue un po' la stessa dinamica.
A partire da un incontro si produce qualcosa di un innamoramento, di un intrigo che lascia annodate due persone. A questo tempo segue un tempo due, un tempo che potremmo definire della consapevolezza, della rappresentazione (rendersi conto che non si può fare a meno di una persona, che il tempo assieme a lei/lui non basta mai) a quel punto subentra il sintomo e il funzionamento specifico di ogni soggetto. Cosa farsene di ciò che ci è capitato? Cosa farsene degli effetti di quest'incontro? Il terzo tempo potremmo pensarlo come il tempo della responsabilità, una sorta di rettifica (si potrebbe pensare ad un parallelismo tra le fasi della conduzione di una cura e le fasi di un legame d'amore? Lacan nel seminario dedicato al transfert insiste molto sulla coppia amante e amato in riferimento alla coppia analizzante e analista).
Proprio su questo punto sorgono solitamente i problemi, nel momento della scelta, della nominazione, “Chi siamo dunque io e te, cosa siamo noi?”
Ascoltando i pazienti che si rivolgono a Telemaco e Jonas è sempre più frequente ascoltare storie d'amore che non si definiscono, si parla infatti di frequentazioni, di relazioni poliamorose in cui si rimuove l'esclusività per essere liberi di incontrare una possibilità di...
Ciò che si ascolta è una sorta di evitamento rispetto alla possibilità di nominarsi, di dare un nome a ciò che riguarda l'incontro; in questo modo viene meno la dimensione della responsabilità.
Non dare un nome, sottrarsi alla possibilità di definizione (non intesa come argine alla libertà ma come vincolo necessario per l'esperienza, qualunque essa sia) è il sintomo del nostro tempo, soprattutto tra gli adolescenti.
In questa cornice le app di incontri e gli algoritmi si configurano come strumenti formidabili per ovviare alla complessità e alla difficoltà dell'incontro. I filtri di ricerca e selezione sembrano mettere al riparo dalla possibilità di incontrare qualcosa che non piace, qualcosa che non corrisponde alle proprie idee, passioni e preferenze. Tutto ciò che riguarda la dimensione del dating è ormai ad appannaggio delle app e dunque si costituisce come una dimensione di vero e proprio “assemblaggio”.
Attraverso questi strumenti ci si incontra dopo aver selezionato filtri e ricerche in modo da ottenere un incontro potenzialmente sicuro e valido, l'incontro giusto per te!
Sempre più, però, si ascoltano lamentele, frustrazioni, rabbia e tristezza rispetto al fatto che nonostante la persona da incontrare avesse tutti i tratti inseriti in fase di ricerca, non suscitasse le emozioni attese. In altre parole l'incontro si costruisce meccanicamente, si mettono insieme i pezzi desiderati e ci si lamenta poi del fatto che la persona incontrata si anima e si comporta in maniera eccedente o diversa rispetto a quanto scelto in fase di selezione.
Com'è possibile che non mi piaccia? Abbiamo diverse cose in comune!
Abbiamo parlato tanto ma non mi sono trovato/a.
Siamo diversi,
Non avevamo nulla in comune, mi sono annoiato/a...
Qualcosa in comune, ciò che unisce: l'agalma della relazione anziché prodotto finale di una costruzione all'interno di un tempo sembra essere diventato il prerequisito delle relazioni, la condizione necessaria ed immediata per incontrarsi. Questa inversione crea un cortocircuito non da poco perché non lascia spazio all'imprevisto, alla scoperta, alla frustrazione e alla conoscenza di una persona... Non c'è tempo dunque per l'incontro.
Gli inciampi del legame amoroso ci sono sostanzialmente da sempre, la questione amorosa è trasversale alla vita dell'essere umano sin dall'antichità; ritengo però che l'analisi degli inciampi che si presentano in questo momento storico, gli inciampi di cui ci parlano i pazienti, come spesso accade, possano dire qualcosa del modo di fare legame nella contemporaneità, dunque, proprio come i sintomi, possano dire qualcosa della verità (soggettiva?) di un periodo storico culturale.
Concludo con la prima strofa di un'altra canzone, di un altro cantautore altrettanto noto:
“Che cos'è l'amor
chiedilo al vento
che sferza il suo lamento sulla ghiaia
del viale del tramonto
all' amaca gelata
che ha perso il suo gazebo
guaire alla stagione andata all'ombra
del lampione san soucì”
*Questo scritto prende spunto dal ciclo di incontri Gli inciampi del legame amoroso, cineforum aperto al pubblico, tenutosi presso la sede di Jonas Milano, nel corso del 2024. Nell’ambito di questa esperienza si è provato a costruire un discorso attorno alle difficoltà, e agli inciampi appunto, della dimensione amorosa, a partire dalla visione di quattro opere cinematografiche.
Bibliografia
La ghigliottina, Brunori Sas, 2024
Che coss'è l'amor, Camera a Sud, Vinicio Capossela, 1994
Jacques Lacan, Il seminario. Libro XIX … o peggio, Einaudi, Torino, 2020;
Jacques Lacan, Le Séminaire de Jacques Lacan: Livre XV, L'acte psychanalytique, 1967-1968, Seuil 2024
Jacques Lacan, Il seminario. Libro VIII Il transfert, Einaudi, Torino, 2008